Questo numero della rivista non può passare sotto silenzio quanto si è verificato e, purtroppo, si sta ancora verificando, in questi primi mesi dell’anno. L’editoriale è stato affidato al collega giapponese Goro Komatsu che ci propone alcune riflessioni sul dramma del terremoto e su quello dello tsunami. Un maestro dell’ecologia come Giorgio Nebbia, nella sua rubrica, ci presenta alcune riflessioni in merito al rischio rappresentato dalla centrale nucleare di Fukushima.
Le colleghe Emanuela Gamberoni e Paola Marazzini hanno accettato di rivedere un loro articolo, già pronto per la stampa, per aiutarci a riflettere sul tema dei rifugiati e dei profughi, a seguito degli eventi che stanno ridisegnando il quadro politico di molti Paesi del Maghreb e del Mashreq. C. B.
Il disastro del terremoto e dello tsunami del 2011 nel Giappone nord-orientale
Un terremoto devastante ha colpito la costa nord-orientale del Giappone l’11 marzo 2011. La magnitudo 9 del terremoto è la più grande mai registrata in Giappone nell’era moderna. Una chiara definizione dei danni non è possibile nel momento in cui si scrive e passeranno anni prima che sia possibile accertare tutto quanto è accaduto. Sappiamo già, tuttavia, che migliaia di persone hanno perso la vita
e che la distruzione è di proporzioni enormi. Una prima valutazione indica che molti edifici sono rimasti in piedi ma che le onde dello tsunami – che hanno raggiunto un’altezza di 10 metri e, in alcuni casi, hanno superato i 20 – hanno concesso meno
di un’ora e, in alcuni casi, solo poche decine di minuti alla popolazione per fuggire. Il maggior numero di morti è stato provocato da queste onde killer. Il Giappone non è nuovo ai disastri naturali. Situato in una delle aree geologicamente più attive del pianeta, il Giappone è spesso stato colpito da terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche e frane. Il Paese è soggetto anche a condizioni meteo- rologiche estreme che provocano tifoni, alluvioni e intense nevicate. Ogni anno molte aree sono colpite da fenomeni di questo tipo ma di ciò poco si sa al di fuori dal Giappone. Il popolo giapponese sa bene che la ricchezza naturale del Paese è il risultato di processi geologici molto attivi e di con- dizioni meteorologiche molto variabili e che, quindi, l’am- biente naturale è per definizione instabile, in continuo cam- biamento.
Questa consapevolezza influenza in modo consistente la base mentale e morale del Paese. Le persone che hanno perso i loro famigliari e i loro amici sono, ovviamen- te, disperate; tutte le altre sono molto tristi, turbate e alle prese con i problemi pratici causati dall’interruzione dei servizi – la distribuzione dell’energia elettrica, per esempio – e dalla difficoltà nell’approvvigionamento del cibo. Pur tuttavia, molti hanno adottato comportamenti tali da non creare caos dopo il terremoto, lo tsunami e i problemi cau- sati dalla centrale nucleare. Non avrebbe avuto alcun sen- so comportarsi diversamente, in modo egoistico. Il popolo giapponese sa che un tale comportamento renderebbe le cose ancora più difficili. E nessuno vuole questo.
C’è un modo di dire in giapponese, Wazawai tenjite fuku to nasu, che significa “trasformare le disgrazie in opportunità”. La ricostruzione sarà un processo molto lungo e ri- chiederà un serio impegno; tutto questo, però, potrebbe di- ventare per il Giappone un’opportunità per riacquistare la vitalità che, da molti anni ormai, ha perso. Come è destino per i popoli che vivono in terre molto instabili, il Paese si è ripreso già numerose volte dai disastri, spesso dando un nuovo senso alla vita.
A nome del popolo giapponese vorrei esprimere tutta la mia riconoscenza per il supporto mostrato e l’aiuto offerto da molte persone e Paesi del mondo. Il popolo giapponese non potrà mai dimenticarlo. International Research School of Planetary Sciences, Università d’Annunzio, Pescara