Intervista per il podcast Mele di Torcha

di Paola Pepe

 

La settimana scorsa la giornalista Anita Fallani che cura il podcast Mele di Torcha, si è occupata di insegnamento di geografia a scuola e mi ha fatto alcune domande sul tema delle riforme scolastiche, della formazione dei docenti e sull’impoverimento delle conoscenze geografiche. E’ stata l’occasione per ripercorrere quanto accaduto negli ultimi anni ai docenti di geografia, tema che continua ad essere attuale e a scatenare dibattiti.

Alcune delle mie riflessioni sono contenute nell’episodio La geografia si insegna sempre meno  trasmesso il 19 gennaio.

Riporto di seguito tutte le riflessioni scaturite nel corso dell’intervista:

Impoverimento delle conoscenze?

In base alla mia esperienza e sulla base del confronto che ho spesso con altri docenti della scuola secondaria e dell’università esiste un impoverimento progressivo delle conoscenze geografiche che incide sull’acquisizione delle competenze trasversali e relative ad altre discipline come le scienze o la storia. Qualsiasi docente di geografia si scontra con una certa superficialità, ad esempio è molto comune che i ragazzi dicano Australia invece di Austria denunciando che nel loro modo di pensare manca proprio l’idea della localizzazione nello spazio. Quello che a scuola definiamo volgarmente la “mancanza di basi” e che rallenta i processi d’apprendimento. Quello che è accaduto lo misuro nel tempo inserendo nel test d’ingresso che somministro ogni anno ai miei studenti di primo anno una domanda sul riconoscimento dei continenti sulla base della forma. Un numero crescente di ragazzi, provenienti dalla secondaria di primo grado, non è in grado di riconoscere i continenti e le cose peggiorano anno dopo anno. Mi sono anche accorta che hanno delle difficoltà nella lettura di una semplice carta fisica. In tutte le aule sono presenti lavagne interattive, quindi la geografia si studia sulle mappe satellitari eppure i ragazzi continuano a non riuscire a definire la loro posizione sulla superficie terrestre. Ci sono ormai una serie di risposte alle quali mi sono abituata e potrei stilare una lunga lista  di false convinzioni. Una delle mie preferite perché molto comune è che quando chiedo se la Sicilia si trova a nord o a sud dell’Equatore la risposta collettiva è “a sud”, cosa che mi fa capire che i ragazzi appena diplomati alla secondaria di primo grado hanno interiorizzato l’idea di essere a sud ma non hanno ben chiari i riferimenti spaziali.

 

Breve storia di quel che si è perso

Va ancora peggio nella scuola secondaria di secondo grado. Negli istituti tecnici il riordino Gelmini del 2010 produceva  enormi ripercussioni sull’insegnamento di geografia e sui docenti specializzati. All’Istituto tecnico nautico prima della riforma erano previste sei ore di geografia distribuite nei primi tre anni. La riforma le eliminava del tutto, con la trasformazione di quella scuola in indirizzo tecnico di trasporti e logistica.

Nell’indirizzo tecnico per il settore economico prima della riforma esisteva la disciplina geografia economica, un corso che durava fino a nove ore distribuite fra le classi del triennio e che costituiva un perno per la realizzazione dei percorsi da portare agli esami di stato, perché intorno ad argomenti di geografia economica si riusciva a costruire trasversalità e a dare senso a tutte le discipline d’indirizzo. Anche questa materia è sparita, riapparendo ridotta e semplificata nei primi due anni dove si fa chiamare solo geografia perdendo  la maggior parte della sua efficacia.

Negli istituti professionali la riforma nel 2010 eliminava tutte le discipline geografiche. Proprio tutte.  Procurando un danno ai docenti specializzati in più con la beffa che le linee guida riportavano un paragrafo dedicato interamente all’importanza della geografia suggerendo di trattare ogni disciplina in senso geografico, cosa che evidentemente non ha funzionato. Ad esempio nelle LINEE GUIDA PER IL PASSAGGIO AL NUOVO ORDINAMENTO (non più in vigore)
(d.P.R. 15 marzo 2010, n. 87, articolo 8, comma 6) leggevamo a pag 29:

La grande varietà di competenze geografiche può essere proposta agli alunni e didatticamente tradotta in più modi e in più forme a scuola, costituendo un momento didatticamente propulsivo. Infatti, l’oggetto della geografia è radicato nella realtà stessa del mondo in cui viviamo: da qui l’aiuto sostanzioso che lo studente può ricevere, sia per avere il “senso” degli avvenimenti correnti sia per formulare valutazioni informate su problemi demografici, economici, socio-culturali, politici, ambientali. 

Un piccolo miglioramento si vedeva nel 2014, amministrazione Carrozza. All’esame di stato precedente era stata data una traccia sui paesi BRICS e questa era stata svolta dall’1,3% dei candidati. Quanto avvenne  procurò una sorta di imbarazzo che fu alla base della decisione di fare un investimento sulla geografia riportandola in tutti gli istituti tecnici e professionali ma per una sola ora al primo anno. Dal punto di vista dei docenti specializzati questa piccola compensazione si è trasformata in un calvario perché si sono create cattedre costituite da diciotto classi prime in più sedi e con almeno quattrocento alunni da valutare. Nessuna disciplina è trattata in questo modo a scuola.

Tutto questo fino al 2018, quando la vigente riforma degli istituti professionali ha nuovamente cambiato le cose. Ora in questi istituti è previsto un asse storico-sociale con quattro ore complessive nel primo biennio da ripartire fra storia e geografia, per decisione del collegio dei docenti. La storia è presente tutti e cinque gli anni, invece la geografia è limitata ai primi due anni e dipendente da una scelta della scuola, quindi si aggiunge al quadro già precario anche l’elemento sorpresa.

Nei licei la consistenza oraria della geografia è irrisoria essendo presente per un’ora al primo e un’ora al secondo anno sulla carta. (Prima della riforma erano presenti due ore di geografia al primo e al secondo anno). C’è un problema legato alla preparazione dei docenti perché la geografia è compresa nell’insegnamento di “Storia e Geografia”, che prevede un unico voto e in questo modo gli insegnanti specializzati in geografia della classe di concorso A21 sono esclusi dall’insegnamento nei licei che per legge è invece attribuito a docenti che insegnano italiano insieme a “storia e geografia” (ad esempio quelli che appartengono alla classe di concorso A12). I libri di testo del liceo sono un altro problema perché nella migliore delle ipotesi confinano la geografia ad alcune pagine, sotto forma di casi-studio, o addirittura cambiano nome alla disciplina definendo la materia geostoria, (termine che non appare nelle linee-guida). Così facendo strizzano l’occhio ai docenti di lettere che sono nella maggioranza dei casi molto preparati sulla storia e molto meno sulla geografia.

Ho dimenticato di dire che per una interpretazione della norma che regola le classi di concorso, attualmente le ore di geografia degli istituti tecnici, in particolari condizioni, vengono assegnate a docenti di scienze abilitati dopo il 2016 senza che la geografia faccia parte del loro programma di abilitazione. In questi casi che non sono affatto infrequenti noi crediamo che si verifichi un abuso della normativa e un danno enorme per gli studenti e lo denunciamo ogni anno a dirigenti degli uffici scolastici e ministeriali.

Posso fornire qualche dato per entrare nel dettaglio, e capire l’entità del problema. Oggi i docenti specializzati in geografia di ruolo nelle scuole sono pochissimi, in un ambito territoriale vastissimo come quello di Brescia sono circa quaranta, quello di Venezia ne conta una trentina, Reggio Calabria, meno di venti, in tutta Italia i docenti della secondaria di secondo grado specializzati in geografia e di ruolo sono intorno a 1500 in tutto, ecco perché negli anni scorsi abbiamo spesso scherzato paragonandoci ad una specie estinta. Risulta paradossale che non si fornisce l’accesso al liceo ai docenti specializzati in geografia e si permette loro di insegnare soltanto negli istituti tecnici e professionali nei quali la presenza della disciplina è ridottissima e soggetta a variabilità.

Azione delle associazioni

Ho vissuto la stagione delle ultime riforme molto da vicino e ho visto un’azione costante e persistente dei gruppi d’interesse, in primo luogo dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia prima con il presidente Gino De Vecchis e adesso con l’attuale presidente Riccardo Morri ma tanti altri soggetti si sono espressi in modo univoco denunciando le assurdità legate alla discriminazione della geografia. Parlo di associazioni universitarie come l’Associazione dei Geografi Italiani, la Società Geografica Italiana, l’Associazione Italiana di Cartografia, gruppi che fanno riferimento alla scuola secondaria come GIGA e SOS geografia e singoli docenti appassionati impegnati nel denunciare la situazione. Nel frattempo mentre diminuiscono i docenti che trattano la materia sia all’università che nelle scuole, la geografia mantiene la sua forza di disciplina che permette di leggere le dinamiche del mondo contemporaneo e di abbracciare le sfide della tecnologia.

Come ci vediamo tra dieci anni?

Tutte le metodologie didattiche più moderne possono essere applicate all’insegnamento della geografia e produrre apprendimento significativo. Ho partecipato a decine di corsi di formazione nelle più disparate metodologie didattiche e tutte le volte che i formatori presentano esempi di applicazione lo fanno utilizzando tematiche geografiche, in certi casi ispirandosi proprio ai metodi della didattica della geografia. Nell’insegnamento trasversale dell’Educazione civica il secondo nucleo tematico “sviluppo sostenibile, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio” è stato “importato” dagli argomenti di geografia spariti con la riforma, sono state importate le tematiche ma non i docenti che conoscono i metodi per insegnarle. Nei documenti della riforma del 2010 (istituti tecnici) la parola “sostenibile” che attualmente sembra essere un mantra in tutti i documenti del PNRR era stata utilizzata  più volte solo nelle linee guida riguardanti la disciplina geografia e parzialmente fra gli argomenti di scienze integrate, dimostrando che sono quelle le discipine che hanno gli strumenti per risalire alla prima applicazione  del concetto di sostenibilità e svilupparlo nelle miriadi di significati che ha acquisito successivamente.

Io non sono sorpresa perchè so che la geografia è una disciplina dinamica, si aggiorna, precorre i tempi è a suo agio in aula e sul campo. A mio parere è la disciplina che serve di più agli studenti per dare un senso a tutto ciò che accade intorno a loro e per non trovarsi indietro rispetto al resto del mondo. Tutto ciò che attualmente il ministero cerca di sviluppare, ambienti di apprendimento, metodi delle discipline STEM, CLIL, inclusione, transizione digitale, didattica orientativa è già stato acquisito dalla didattica della geografia. E’ paradossale che sia così marginale nelle scuole perché nel frattempo la nostra disciplina cresce, aumentano i contributi nel campo della ricerca e della didattica, si aggiornano le metodologie e nonostante sia poco presente non rimane mai indietro. Il docente di geografia nel consiglio di classe è un prezioso portatore d’innovazione. Forse per questo è così raro.