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Terremoto nell’Italia centrale:
il futuro riparte dalla scuola e dall’Università
Un terremoto arriva sempre all’improvviso e lascia macerie e desolazione. I geografi ben conoscono cause, tipologie, misure dei pur imprevedibili eventi sismici, così come sanno quanto complesso sia valutarne gli effetti, oltre i danni materiali.
Dopo il doloroso bilancio delle vittime, le ferite più profonde sono quelle che minacciano di disgregare le comunità, costrette dall’emergenza a dividersi, a vedere i propri membri trasferirsi in località più sicure. Ferite che nel mentre atterrano gli spazi rappresentativi del civismo e della spiritualità, di riflesso insidiano l’identità dei luoghi e innescano un altro grave rischio: la perdita, per la popolazione colpita, di una fruizione piena della cittadinanza sociale, come conseguenza del repentino collasso del grado di territorializzazione. Purtroppo lunga, fitta e tristemente nota è la sequenza dei terremoti che ha investito l’Italia centrale negli ultimi venti anni ripresentando puntualmente quelle criticità che i colleghi geografi dell’Ateneo di Perugia ebbero modo di evidenziare dopo il sisma umbro-marchigiano del 1997 a un convegno organizzato da Carlo Brusa a Macerata1.
Il terremoto del 24 agosto 2016 ha colpito gravemente le aree montane delle province di Rieti e di Ascoli Piceno. Le scosse telluriche del 26 e 30 ottobre hanno invece avuto il loro epicentro tra le province di Perugia e Macerata: il successivo sciame sismico ha dilatato notevolmente le dimensioni del “cratere”, in cui ad oggi rientrano 131 comuni compresi tra quattro regioni (Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo) e sei province (Macerata, Ascoli Piceno, Fermo, Perugia, Rieti e Teramo).
Pure la geografia fisica sembra conoscere una riscrittura, per la deviazione o lo sbarramento dei corsi d’acqua provocati da frane, per le fenditure resesi visibili sui versanti dei monti Sibillini. Irriconoscibile la connotazione di quei comuni montani composti da più nuclei, divenuti pericolanti e rimasti isolati.
Anche i centri di piccole o medie dimensioni debbono
affrontare la deprivazione dello status dell’abitare, che in un istante è mutato per sito e per forma (tende, container, casette in legno). Intanto tra la gente si insinua il timore della “stabilità del provvisorio”, contrastato però dalla determinazione a rimanere sul posto, a ricostruire i paesi e a ripartire con le attività
economiche, come dimostra la ripresa dell’imbottigliamento e commercializzazione delle acque minerali a Castelsantangelo sul Nera, della lavorazione delle carni a Preci, dell’agroalimentare e dei prodotti surgelati a Visso.
32. “Mente geografica…mente aperta”. Progetto per un curricolo verticale, di Renata Allegri
39. Cibo, geografia e identità territoriale: il grano saraceno e la Valtellina, di Giancarla Maestroni
Eventi e note
43. Inaugurata la Linea Meridiana nella basilica di Santa Maria Novella a Firenze, di Laura Stanganini
44. Anno 1929: il giovane medico Ulrico Longo racconta il “suo” Periplo dell’Africa, di Carlo Brusa